domenica 14 dicembre 2014

5 (cinque) comportamenti giusti per promuovere Ubuntu

Il 22 novembre scorso ero a Bologna per l'ubuntu-it meeting, l'appuntamento semestrale della Comunità Italiana di Ubuntu. Sapete, un paio di volte l'anno è divertente trovarsi nello stesso luogo con persone che si frequentano solo virtualmente, tramite email o social network. Anzi, direi che la parte migliore della vita comunitaria è proprio questa.

Beh, di come è andata al meeting ve ne ha già raccontato +Jeremie Tamburini, che del resoconto dei meeting ha fatto la specializzazione del suo blog. :-)

+Paolo Sammicheli ha poi scritto un post per spiegare perché Ubuntu ha vinto la battaglia dei desktop Linux - o come ha puntualizzato qualcuno - "hanno vinto gli utenti". Oh! parliamo sempre dell'1% del mercato desktop, anche se si parla di decine di milioni di installazioni. Consiglio a tutti la lettura del post di Paolo.

Il mio intervento

Vorrei spendere due parole sul mio intervento al meeting, intitolato appunto "5 (cinque) comportamenti giusti per promuovere Ubuntu". Mi capita infatti di leggere di persone che - animate dai più nobili intenti per la diffusione del Software Libero - si lasciano andare a comportamenti poco Ubuntu: in questo modo, invece di portare beneficio, si creano solo danni. Vediamo in breve alcuni spunti.


Ubuntu ha un proprio Codice di Condotta, che consiste in una serie di semplici regole su come agire al meglio all'interno della Comunità. Le persone che contribuiscono attivamente a Ubuntu sono tenute a firmarlo, e tutti possono condividerne lo spirito, improntato al rispetto reciproco e alla collaborazione. Mettere in pratica queste regole anche quando si supportano le persone nel passaggio a Linux, le aiuta a superare l'angusto scalino di apprendimento.

"Ubuntu è la porta arancione" per entrare nel mondo Linux: tutti quelli che si avvicinano a Linux, all'inizio si avvicinano a Ubuntu. Quindi la Comunità Ubuntu deve essere preparata ad accogliere queste persone.

Questo primo comportamento è alla portata di tutti, qualunque sia il livello di conoscenza tecnica dell'argomento.


Si tratta di crescere una foresta, a cominciare da quando germoglia il seme (installazione). Chi diffonde Ubuntu deve quindi nutrire adeguatamente il terreno e tenere pulita l'aria, mantenendo sano l'ecosistema. Purtroppo c'è gente che si diverte a veder bruciare il mondo, per il solo gusto di farlo. Polemiche, flame, RTFM e via dicendo sono da evitare assolutamente perché spaventano le persone e le allontana da Ubuntu e da Linux.

Mantenere sano l'ecosistema vuole anche dire parlare bene di Ubuntu (e di Linux e del Software Libero), senza perdere troppo tempo a parlare male degli altri sistemi - i loro uffici marketing fanno già un ottimo lavoro, è inutile aiutarli.

Anche questo comportamento è alla portata di tutti, qualunque sia il livello di conoscenza tecnica dell'argomento.


Qui alziamo il livello di difficoltà: trovare punti di incontro con altri progetti del Software Libero o della Cultura Libera in genere o di qualsiasi altro campo.

Quest'anno al meeting di Bologna era presente +Enio Gemmo di LibreItalia, neonata associazione che promuove LibreOffice in Italia, con cui da qualche mese abbiamo cominciato un proficuo scambio di collaborazioni e interventi.

Per diffondere al meglio Ubuntu, si devono creare connessioni sempre più connessioni con tutte le realtà del Software Libero presenti in Italia, sconfinando anche in campi diversi.

Questo punto è tutto da sviluppare, se avete idee e collaborazioni fatevi avanti!


Raccontare storie è una delle attività più antiche dell'uomo, che ancora adesso appassiona milioni di persone. Ubuntu è fatto di moltissime storie, le storie delle persone che usano Ubuntu, le storie delle persone che contribuiscono a Ubuntu, in Italia e in tutto il mondo. Eravamo molto bravi a raccontare queste storie, adesso abbiamo perso un po' la mano - il Planet di ubuntu-it sembra un noioso monologo.

Diffondere bene Ubuntu è raccontare queste storie, la nostra passione. Anche questo comportamento è alla portata di tutti, bisogna trovare il tempo per raccontare queste storie, che altrimenti vanno perdute.



Infine, l'attività più difficile e rischiosa: la guerriglia, certo un po' diversa da quella che insegnava e praticava e il Comandante. Sto parlando della guerriglia marketing, una tecnica di pubblicità che permette di promuovere un prodotto con poco budget. Questa è un'attività che comporta uso coordinato e sistematico delle risorse, meglio se in modo clamoroso e virale.

Per farlo serve una buona preparazione iniziale e un coordinamento generale al momento dell'esecuzione. Anche per questo, se avete idee, fatevi avanti! :-)

Come avete visto, nella maggior parte dei casi si tratta di mettere in pratica comportamenti semplici, che però possono fare la differenza. Provateci!

Se avete idee e proposte, e avete tempo per impegnarvi in prima persona, scrivetemi! 

La mia presentazione completa

 

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